UNA GENERAZIONE NARCOTIZZATA
di Daniele Proietti
Uno degli aspetti che più preoccupa in questo periodo di pandemia è quello che riguarda i giovani: in questo senso, i dati raccontano di un aumento esponenziale, nella fascia di età giovanile, di casi di depressione, di abuso di alcolici e di patologie come l’obesità e l’anoressia. Tutti problemi, questi, che sono certamente riconducibili, in questa particolare contingenza storica, allo stile di vita sedentario e asociale che i nostri ragazzi, a causa delle restrizioni, sono costretti ad avere. La mancanza di socialità, di vita comunitaria, di confronto con gli altri, induce sempre più il giovane a concentrarsi su sé stesso e ad esasperare i propri difetti, finendo, così per portarli all’apice. Questo rappresenta il colpo di grazia per una gioventù a cui negli anni il sistema ha tolto via via ogni spazio di aggregazione, dalle sedi di partito alle curve degli stadi. Tutti gli appelli degli psicologi su queste tematiche stanno cadendo nel vuoto, in quanto fa comodo a chi detiene il potere non capire che una morte causata da un suicidio derivato dall’essere depressi conta esattamente quanto una morte per il Covid. Fa altrettanto comodo non comprendere che un computer non sostituirà mai l’ambiente di una classe, e una videochiamata non è paragonabile ad un’uscita con gli amici. I giovani, che vengono puntualmente colpevolizzati e additati come untori ad ogni piccolo incremento dei contagi da chi è sempre pronto a puntare il dito, non possono stare per altri mesi in questa condizione, perché è importante non morire, ma è parimenti fondamentale vivere.