Si allarga il divario tra ricchi e poveri del mondo
di Daniele Proietti
La nostra critica al sistema capitalistico non è soltanto frutto di rimostranze che trovano le loro ragioni dentro la teoria della dottrina liberista, ma è avvalorata da dati di fatto inconfutabili, forniti non da chissà quali pericolose organizzazioni eversive, ma da enti che lo stesso sistema considera essere attendibili.
Leggendo certi numeri, dovrebbe risultare impossibile per qualunque persona, qualsiasi sia l’ideologia a cui aderisce, non domandarsi se stiamo andando nella direzione sbagliata, e rispondere in maniera affermativa.
Si allarga ancora di più la forbice tra i più ricchi e i poveri del mondo. L’82% dell’incremento di ricchezza è andato all’1% più ricco della popolazione globale, che coincide non tanto misteriosamente con coloro che rappresentano i potentati economico – finanziari e l’intelaiatura bancaria che manovra la politica mondiale, mentre a 3,7 miliardi di persone che costituiscono la metà più povera del mondo, non è arrivato un solo centesimo. A rilevarlo è un rapporto di Oxfam.
Il dossier spiega come “il sistema economico attuale consenta solo a una ristretta élite di accumulare enormi fortune, mentre centinaia di milioni di persone lottano per la sopravvivenza con salari da fame”. Segnala il dossier il fatto che , il numero di miliardari è aumentato al ritmo impressionante di 1 ogni 2 giorni. Su scala globale, tra il 2006 e l’inizio del 2022 la ricchezza in termini di miliardi è cresciuta del 13% all’anno, 6 volte più velocemente dell’incremento annuo salariale, di appena il 2%, che ha riguardato i comuni lavoratori. Il Rapporto segnala inoltre che i due terzi della ricchezza dei ‘paperoni’ di tutto il mondo non deriva dal loro lavoro ma è ereditato o arriva da rendite monopolistiche, cioè sono il risultato di rapporti clientelari.
E la disuguaglianza desta seria preoccupazione anche in Italia. Basti pensare che il 20% più ricco degli italiani possiede oltre il 66% della ricchezza nazionale netta, il successivo 20% ne controlla il 18,8%, lasciando al 60% più povero appena il 14,8% della ricchezza nazionale. La quota di ricchezza dell’1% più ricco degli italiani supera di 240 volte quella detenuta complessivamente dal 20% più povero della popolazione. La quota di reddito nazionale disponibile lordo del 10% più povero degli italiani è diminuita del 28%, mentre oltre il 40% dell’incremento di reddito complessivo si è diretto verso il 20% di chi percepisce un reddito più elevato. L’Italia occupa ad oggi la ventesima posizione su 28 paesi Ue per la disuguaglianza di reddito disponibile, e le previsioni future non fanno certo pensare a un miglioramento.
Il Rapporto evidenzia che, a livello globale, con un terzo del volume dei dividendi versati agli azionisti dei 5 principali marchi mondiali dell’abbigliamento – 2,2 miliardi di dollari l’anno – sarebbe possibile garantire a 2,5 milioni di poveri, impiegati, o per meglio dire schiavizzati, in vari settori, un salario dignitoso. Il Rapporto si conclude sottolineando che il costante incremento dei profitti di azionisti e top manager corrisponde a un peggioramento altrettanto costante dei salari e delle condizioni dei lavoratori.
Ebbene, in una situazione come quella descritta, che come abbiamo visto riguarda da vicino anche il nostro paese, quello che si è sempre proclamato come il governo dei migliori, si permette, in una condizione di povertà estrema in cui versano molti cittadini, di continuare a non rispettare, sulla scia degli esecutivi precedenti, una sentenza emanata nel 2015 che autorizzerebbe lo stato italiano a chiedere gli arretrati della tassa Ici al Vaticano per molti degli immobili che esso possiede, tra i quali molti negozi che fanno concorrenza sleale ad attività che pagano regolarmente le imposte, per un valore che si aggirerebbe sui 12 miliardi di euro, una cifra enorme che, se usata per riforme di stampo sociale, darebbe al popolo italiano quella boccata di ossigeno di cui ha un disperato bisogno.
Evidentemente, per Draghi, come per tutti gli altri, vale di più mantenere intatti determinati rapporti piuttosto che operare per il miglioramento delle condizioni di vita degli italiani. Per noi, che lo sappiamo da tempo, questa non è che un’ulteriore conferma.