Il significato della R.S.I.
di G. Ciarcia
Il 23 settembre 1943, esattamente ottanta anni fa si costituiva ufficialmente lo Stato italiano della Repubblica Sociale Italiana. Uno dei capitoli più belli d’Italia, sicuramente il più glorioso che veniva scritto da quel giorno e nei successivi seicento sulle pagine della Storia.
Sulla Repubblica Sociale Italiana sono state e continuano ad essere tutt’oggi gettate nefandezze di ogni genere: “stato fantoccio”, “stato collaborazionista” ecc.. In verità la RSI rappresentò la legittima continuità dello Stato italiano, dal momento che i fuggiaschi Pietro Badoglio ed il suo Re pensarono bene di abbandonare la Capitale riparando dietro le linee militari di coloro che sino al giorno prima rappresentavano il nemico, l’invasore e i bombardamenti sull’Italia.
La Repubblica Sociale Italiana altresì, alla sua nascita comprendente Roma e di cui ne fu la Capitale ufficiale, continuò i combattimenti contro l’invasore angloamericano per concludere se non altro con dignità ed onore, la guerra dalla stessa parte dove era cominciata.
Un assoluto atto di lealtà prima di tutto nei confronti della Patria. Nonostante l’innegabile presenza militare germanica, nello Stato mussoliniano vigeva molta più autonomia politica rispetto a quanto questa non ci fosse nel cosiddetto Regno del Sud di Badoglio e “sciaboletta”, vero e proprio “stato fantoccio” (quello sì evidentemente) dove poco si legiferava e dove la “am-lira” ossia la moneta di occupazione americana faceva da padrona.
Che dire inoltre sulle cifre riguardo i due eserciti nazionali contrapposti, dove l’esercito cobelligerante regio dopo l’8 settembre arrivò a contare circa 250 mila individui, contro i 600 mila dell’ Esercito Nazionale Repubblicano. Basterebbe questo per capire da quale parte pulsasse veramente il cuore d’Italia.
Ma questo a parte, la Repubblica Sociale Italiana ha rappresentato per noi altro ancora.
Con la Repubblica Sociale Italiana si corona infatti il progetto rivoluzionario del Fascismo della prima ora, si corona il sogno della Terza Via, il traguardo sociale mai raggiunto (seppur cominciato) nel ventennio a causa degli inevitabili compromessi stipulati con monarchia cricche militari e poteri economici.
Con la Repubblica Sociale Italiana si poté finalmente parlare in maniera chiara e senza remora alcuna di assemblea costituente, di socializzazione delle imprese e dell’economia nel rispetto assoluto della proprietà privata frutto del lavoro e del risparmio individuale, di abolizione del sistema capitalistico interno e di lotta alle plutocrazie mondiali. Tutto riassunto ed enunciato in quel “Manifesto di Verona” di pura essenza socialista e nazionale, un fiore all’occhiello che poneva la RSI sul piano della più alta legislazione sociale, mai realizzata, né sperimentata in nessuna nazione del mondo ivi compresa la Russia dei soviet.
Disseminare la val padana di mine sociali fu l’ultimo messaggio mussoliniano, poiché quelle mine sociali sarebbero rimaste impresse nella mente e nel cuore del popolo italiano, sicuramente nella parte più genuina del popolo italiano, quella che a un anno e mezzo dalla sconfitta militare si ritrovò compatta e unita per dar vita sulle ceneri della RSI al Movimento Sociale Italiano.
Per noi la Repubblica Sociale Italiana vuol dire tutto questo, vuol dire l’essenza del nostro credo politico e morale.
Oggi nell’ottantesimo anniversario della sua costituzione, dobbiamo rendere onore a quel grande condottiero che dopo l’infausto 8 di settembre preferì non girarsi dall’altra parte come sarebbe lui personalmente convenuto, ma coronare nel miglior modo possibile un sogno e una Rivoluzione avviata trent’anni prima, salvando tra l’altro gli italiani da una tremenda sorte.
La RSI ha rappresentato un testamento spirituale per tutti noi.
Onore al capo della Repubblica Sociale Italiana, onore a quei combattenti che con il proprio sangue hanno inteso scrivere questa pagina così gloriosa della storia della Patria.
Da lì noi siamo ripartiti, su quella scia noi continuiamo la nostra marcia ideale.
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