Per una nuova strategia sanitaria

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di Giorgio Franchi

Il Sistema Sanitario Nazionale (SSN) viene istituito nel 1978 dall’allora Ministro della Sanità Tina Anselmi durante il IV governo Andreotti con la legge n.883/78. Il SSN dando applicazione a quanto stabilito dalla Costituzione: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. ” (Art. 32). Universalità, uguaglianza ed equità divennero i punti cardine a cui si attenne lo sviluppo del SSN inteso come complesso delle funzioni, delle strutture e delle attività che concorrono a promuovere, a mantenere e a recuperare la salute fisica e psichica di tutta la popolazione. Il SSN allora organizzato in tre livelli di intervento: stato, regioni ed gli enti locali garantiva la sostanziale pariteticità delle condizioni di salute su tutto il teritorio nazionale, garantendo a chiunque i livelli uniformi di assistenza, ossia l’insieme delle attivita’ che devono essere erogate. Con la legge 833 /78 vengono altresi istituite le USL (Unità Sanitarie Locali), ossia strutture operative dei Comuni con in capo la gestione di: le strutture ospedaliere del territorio, la medicina di base, il servizio farmaceutico, l’igiene pubblica, l’igiene mentale, il servizio veterinario, la medicina preventiva e igiene del lavoro; a ciò si aggiunge la gestione contabile e amministrativa, fermo restando il finanziamento attraverso la fiscalità generale. L’assetto molto sommariamente sunteggiato è stato progressivamente superato  con una serie di interventi del legislatore:

  1. D. Lgs. 502/92
  2. D. Lgs. 517/93
  3. D. lgs. 229/99 (Bindi)
  4. D. lgs 56/2000 (Federalismo Fiscale)
  5. D. lgs 347/01 convertito in L. 405/01 (Accordo Stato – Regioni 8/8/01)
  6. DDL. 615 (Autonomia Regionale Differenziata) provvedimento ancora in fase di discussione

Il D. Lgs. 502/92 apre di fatto il processo di aziendalizzazione del SSN: le USL diventano Aziende Sanitarie Locali (ASL), vengono create le Aziende Ospedaliere e le Aziende Ospedaliere Universitarie e ridefiniti gli ambiti territoriali delle Aziende sanitarie su base provinciale, la funzione di indirizzo e controllo dei Comuni viene meno, la regionalizzazione del SSN, maggiore autonomia nel governo e coordinamento dei SSR (dimensione territoriale delle ASL, “quasi-mercato”, nomine dirigenziali, ecc.). Ad ogni modo il D. Lgs. 502/92 apre di fatto alla regionalizzazione del SSN in quanto il Piano Sanitario Nazionale a decorrere da tale provvedimento è redatto con la partecipazione delle regioni. Nonostante tutti i provvedimenti successivi alla legge 833 /78 ne dichiarino l’aderenza (più formale che sostanziale), si evince l’emersione di una serie di elementi di regolarità: oltre all’aziendalizzazione poco sopra sunteggiata, la regionalizzazione e la finanziarizzazione. La regionalizzazione iniziata negli anni ’90 è di fatto una Caporetto del SSN in quanto di fatto non si è prodotto un processo virtuoso in grado di coniugare esigenze di razzionalizzazione di spesa e miglioramento dei servizi in relazione alle esigenze territoriali, piuttosto si è assistito ad un divaricamento sempre più accentuato. A titolo esemplificativo si considerino i LEA (Livelli essenziali di Assistenza): secondo il sondaggio GIMBE del 2022 l’Emilia-Romagna è al primo posto con il 93,4% di adempimenti, in coda la Sardegna con il 56,3%. Non ultima la finanziarizzazione intensa come processo di “de-pubblicizzazione” e progressivo irrompere dei capitali privati nel SSN con il rischio, o meglio la certezza, che la politica diventi una prerogativa del “mercato”; in altre parole si assiste alla trasformazione del finanziamento e della prestazione sanitaria in investimenti finanziari e la correlata partecipazione degli attori finanziari nel settore. La dinamica fu innescata dal superamento del paradigma keynesiano e la successiva adozione di quello neoliberista, ossia un intreccio sinergico tra tagli alla spesa pubblica sociale, privatizzazione del patrimonio statale, conservatorismo fiscale e politiche di deregolamentazione. L’assuzione del paradigma liberista ha dimostrato, ancora una volta ed inequivocabilmente, la veridicità delle falle congenite del sistema liberista: i processi di centralizzazione/concentrazione dei capitali e appunto la finanziarizzazione pervasiva sono fenomeni generali, elementi di regolarità del paradigma capitalista. Quindi il processo di centralizzazione/concetrazione associato allo sviluppo del sistema creditizio e finanziario favorisce dunque l’immissione di enormi quantitativi parcellizzati di capitale nelle mani di una ristretta “aristocrazia finanziaria” dedita o all’organizzazione del capitale su base privata senza aver bisogno di assumerne la proprietà privata; per ciò che attiene la specificità del comparto sanità si vedano la pratica del Project Financing e la gestione diretta di proprie strutture convenzionate con il SSN; si noti che la tendenza della spesa sanitaria dal 2002 al 2021: partita dal 14,9 Mld di euro pari al 18,9% nel 2002, la spesa del SSN generata dalle convenzioni con la sanità privata è arrivata nel 2021 a 27,3 Mld di euro pari al 21,4%. Purtroppo le connessioni tra i sistemi sanitari regionali con relative spese e quelle del “privato finanziarizzato” sono poco conosciute dall’opinione pubblica, ciò è un grave handicap in quanto non permette ai cittadini di poter comprendere appieno il pericolo che corre il SSN: è diffcile sapere “chi e come ci guadagna” in tali “connessioni”, né su come questi “guadagni” condizionino non solo le politiche aziendali nel “privato” ma anche le politiche sanitarie dei governi regionali e nazionali. Non deve quindi stupire che il SSN si trovi su piano inclinato che ne vedrà la dissoluzione de facto e de jure: analizzando la tabella sulla spesa sanitaria pubblica 2022-2025 si nota che la tendenza dei prossimi anni sarà quella di un ulteriore, progressivo definanziamento del SSN e di una forte penalizzazione del servizio pubblico nel suo complesso in quanto, in ottemperanza al paradigma neoliberista, il rapporto Pil/spesa sanitaria uguale o vicino al 6% sarebbe insostenibile. In tal senso va letta la “necessità” del DDL. 615 (Autonomia Regionale Differenziata): si consentirà, se approvato, ulteriori spazi di legislazione autonoma su programmazione pubblica e rapporti con “il privato”, camuffati come inevitabili per la sopravvivenza dei servizi pubblici e pretesi ad essi funzionali, anzi simbiotici e proattivi. Quindi, giusto per essere chiari e coincisi, nei prossimi anni assisteremo alla fine del SSN orientato ai principi di universalità, uguaglianza ed equità. A mio avviso i missini e tutti i sinceri patrioti non possono e non devono in nessun caso uniformarsi alla narrazione comune dei partiti borghesi di centrodestra e centrosinistra che in oltre un quarto di secolo hanno depotenziato il SSN. Per ritornare ad una situazione di normalità bisognerà agire in modo sistematico e radicale operando una netta destrutturazione e superamento dell’impianto legislativo e una ridefinizione organizzativa del SSN in modo da troncare definitivamente ogni interferenza del privato e correggere in itinere sprechi e malversazioni che, è bene ricordalo, non sono mai cessati. Dal punto di vista legislativo ci si adopererà per un pieno ripristino della legge n.883/78 da cui ne consegue una cancellazione definitiva e senza appello dell’impianto legislativo dagli anni ’90 in poi, condizione preliminare per fare ciò la cancellazione di due obbrobri giuridici imposti nella Costituzione:

  1. Il pareggio di bilancio contenuto nell’art. 81 riformato con La Legge Costituzionale 1/2012   che di fatto castra l’attività politica vincolandola ad un principio semplicemente fuori dalla realtà pressoché estraneo alla tradizione giuridica italiana;
  2. Il titolo V riformato con la Legge Costituzionale 3/2001 che ha modificato l’assetto del governo territoriale  contribuendo a creare 21 sistemi sanitari diversi che viaggiano a velocità diverse.

Soddisfatte le premesse legislative di base ci si adopererà per una semplificazione delle strutture organizzative periferiche con una redistribuzione ed accorpamento delle competenze volta a diminuire, unitamente alla sfoltimento della funzione amministrativa pura, il numero dei dirigenti per ampliare il numero del personale operativo effettivo il cui agire sarà regolamentato su basi merito ed abnegazione al lavoro. Si opererà una netta separazione fra pubblico e privato, ciò imporrà contestualmente la fine delle esternalizzazioni come della sanità convenzionata propriamente detta in quanto ingiustificato esborso per la fiscalità generale le cui risorse dovrebbero essere dirottate per il potenziamento delle strutture territoriali: fra il 2000 ed il 2020 il SSN ha dovuto tagliare per ragioni di spesa ben 486.000 posti letto; ciò non è accettabile. Considerando la delicatezza e l’importanza del tema riguardante la sanità,  la Fiamma Tricolore nei prossimi mesi porrà in essere, partendo dalle tesi del proprio progetto politico,  delle analisi volte ad individuare strumenti che diano soluzioni migliorative. Tutto ciò farà parte dei programmi elettorali con i quali il Partito si proporrà ai cittadini sul territorio in occasione delle prossime elezioni amministrative.

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