Stellantis: ennesimo disastro italiano

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di Roberto Bevilacqua

Finalmente se n’è andato! Così commentano all’unisono tutte le forze politiche presenti in parlamento le dimissioni, avvenute domenica 1° dicembre, del portoghese Carlos Tavares, orami ex amministratore delegato di Stellantis, Gruppo che comprende molte fra le principali case automobilistiche mondiali, ovvero Fiat, Fiat Professional, Jeep, Chrysler, Alfa Romeo, Lancia, Abarth, Peugeot, Citroen, Opel, oltre ai marchi di lusso Ferrari e Maserati. La decisione arriva dopo che, in meno di un anno, a causa di un crollo delle vendite, soprattutto in Nord America, dove erano stati immessi sul mercato modelli già superati e non più concorrenziali, e di una visione miope nel settore delle auto elettriche e ibride, i ricavi si sono abbattuti del 27%, mentre l’utile netto già dimezzatosi a giugno 2024, non è stato più nemmeno comunicato da Stellantis. Tutto ciò mentre nei principali stabilimenti nel Bel Paese di Mirafiori, Pontecorvo, Pomigliano, Melfi e Modena si sono registrate migliaia di uscite incentivate per esubero perchè, secondo Tavares, in audizione in Parlamento qualche settimana fa, in Italia i costi del personale e dell’energia sono troppo alti: certamente questo è vero se solo il suo stipendio nel 2023 ammontatva a 23,4 milioni di euro più 13,5 milioni di eventuali bonus (poverino, rinuncerà a questo premio); ma l’ex “ceo” cadrà in piedi per l’uscita anticipata, rispetto a quella prevista di inizio 2026, con una buonuscita di circa 100 milioni!
E i partititi e sindacati che oggi si stracciano le vesti di fronte a questo ennesimo disastro italiano e accolgono come una liberazione le dimissioni di Tavares, ringraziato dal presidente del gruppo John Elkann “per il ruolo che ha avuto…”, dovrebbero ricordare quando non tanto tempo fa, complici o silenti, avallavano gli aiuti finanziari, palesi o camuffati, per aprire o anche salvare dalla chiusura i siti produttivi in Italia della Fiat e dintorni, salvo poi assistere qualche mese dopo a richieste di cassa integrazione e licenziamenti per esuberi, a fronte di delocalizzazioni della produzione stessa all’estero. Ma non tutti hanno la memoria corta e oggi assistiamo a un altro disastro industriale e occupazionale dopo quelli di Alitalia, Ilva e i tanti precedenti, quando la politica è stata dolosamente dormiente per decenni su tali argomenti.

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