La “questione meridionale” nei giorni nostri

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di Vincenzo Guardino

La questione meridionale è un problema che ha accompagnato quasi tutta la storia dell’Italia unita. Oggettivamente il processo di unificazione politica (dal punto di vista culturale, spirituale, geografico e storico l’Italia è sempre stata una cosa sola), il quale era necessario, visto lo scenario europeo del XIX secolo, portò con sé delle contraddizioni. Tra queste ultime vi era l’arretramento del mezzogiorno d’Italia rispetto al nord industrializzato. La mancanza di infrastrutture, l’assenza di socialità, la miopia delle classi dirigenti liberali nell’amministrazione e nella gestione dei problemi del sud generò una forte emigrazione che stava letteralmente dissanguando la nostra nazione. Inoltre, lo stato di abbandono delle regioni meridionali permise la nascita delle tristemente note organizzazioni criminali di stampo camorristico e mafioso.
Odiernamente, svanito il senso della patria a livello generale, movimenti separatistici ed esaltatori del Regno Borbonico hanno preso piede all’interno del dibattito storico-politico. Tali gruppi puntano il dito sui problemi di ieri, e su quelli che ancora oggi sono presenti nel mezzogiorno, non come motivo di riscatto dell’Italia tutta, ma per negare l’esistenza stessa della patria. I neo-borbonici acclamano il Regno delle Due Sicilie come una sorta di paradiso in terra, gli indipendentisti, dal canto loro, vorrebbero, in maniera del tutto assurda e folle, staccare la Sicilia da Roma, magari per farla diventare il cinquantunesimo stato americano, come sparuti gruppuscoli di banditi, mafiosi e deviati di mente avevano pensato di fare alla fine del secondo conflitto mondiale.
Questi spregevoli mercenari dei nemici dell’Italia, fomentatori di divisioni all’interno dell’animo del popolo, ignorano l’esistenza storica del fascismo il quale risolse in soli vent’anni tutti i problemi che il mezzogiorno si portava dietro dal Risorgimento: abolizione di massonerie e mafie, fine dell’emigrazione, nascita di opere pubbliche, bonifiche e infrastrutture, giustizia sociale per il popolo, case e terreni di proprietà per le famiglie numerose, risoluzione del problema con la Chiesa (vista l’unanimità dei cattolici tra la popolazione di allora), esaltazione dell’italianità e coinvolgimento delle masse nella vita della nazione.
Anche oggi non bisogna fare differenze tra italiani di ponente e di levante, del continente e delle isole: esistono soltanto degli italiani. E non ci sono questioni particolari che non diventino immediatamente questioni dell’intera nazione. Pertanto, gli attuali problemi del sud non si risolvono che in un modo: con la volontà decisa di Roma. Basta con le autonomie locali e con le ruberie regionali; un no secco e deciso va dato anche all’attuale riforma definita “autonomia differenziata”, contro la quale il nostro partito sta raccogliendo le firme per un referendum abrogativo, che spacca il paese, annulla la solidarietà nazionale penalizzando tanto le regioni del nord quanto quelle del sud. Ciò che occorre alla nostra patria è uno Stato sovrano forte e degno dell’italianità. Uno Stato che, come durante Ventennio, intervenga per rimettere le cose in ordine e per rendere il meridione, così ricco di storia, civiltà e ingegno italiano, finalmente alla pari con il resto della nazione.

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