Un mondo al contrario
di G. Ciarcia
Anche nello sport ossia il settore più seguito dalla massa degli Italiani e non, i messaggi che passano e vogliono fare passare coattamente non sono da sottovalutare.
Oggi per esempio il mondo ha dovuto assistere al rifiuto dei giocatori della nazionale iraniana di cantare sul campo il proprio inno nazionale in ragione di una sedicente protesta contro il governo del proprio paese.
Una evidente forzatura dettata e condizionata da chissà quale lobby internazionale non gradita ovviamente dalla stragrande maggioranza della tifoseria iraniana la quale non ha esitato a fischiare e protestare nei confronti dei propri atleti connazionali, segno evidente che aldilà delle varie direttive ed imposizioni calate dall’alto tutti i popoli del mondo sono naturalmente legati a quel sentimento di amor patrio verso la propria nazione malgrado la propaganda cosmopolita internazionale tenti in ogni modo inutilmente di eliminare ciò dalla mente delle persone.
Altra azione ipocrita quanto palesemente orchestrata dai soliti noti la genuflessione dei giocatori in segno di penitenza nei confronti di un fantomatico problema di discriminazione razziale inesistente nella realtà, ma utile specchietto per le allodole del sistema.
Ma c’è chi addirittura avrebbe inteso andare oltre, per cui unitamente alla fascia generica “no discrimination” riservata ai capitani delle varie squadre nazionali avrebbe voluto aggiungere quella arcobaleno relativa ai diritti della comunità LGBT, un eccesso anacronistico di cui anche la FIFA ha ritenuto metterci una pezza e negare ciò.
Altro non abbiamo da aggiungere, ma un mondo dove una squadra durante una competizione mondiale rinuncia ad intonare il proprio inno nazionale sia pure su un campo di calcio, e dove contemporaneamente si esortano gli stessi atleti a cospargersi la testa di cenere circa un problema di “razzismo” inesistente, e dove si giunge a far ricadere nella stessa occasione persino la propaganda transgender, è un mondo in via di totale disfacimento materiale e morale che noi respingiamo categoricamente, in rispetto ai sani ed inderogabili valori della Nazione e della Tradizione di cui noi siamo e ci consideriamo sempre degni portatori.