Sull’inganno del cosiddetto “civismo”
di Salvatore De Mitri, Componente Collegio
Legale della Segreteria Nazionale MSFT
Negli ultimi tempi assistiamo ad una maggiore diffusione del cosiddetto civismo, che vorrebbe prendere prepotentemente il posto dei partiti e dei movimenti politici tradizionali.
Il civismo rappresenterebbe, a detta di alcuni, la nuova risposta politica alle esigenze ed ai bisogni dei cittadini, mettendo in evidenza la dichiarata crisi dei partiti e dei movimenti politici tradizionali.
Bisogna interrogarsi su che cosa si intenda per civismo e quale è la sua consistenza.
Il civismo è quella sensibilità per le esigenze della comunità in cui il cittadino vive; è un richiamo ai doveri del cittadino.
Va evidenziato che, nessun fenomeno del c.d. civismo indica i valori e gli ideali a cui si ispira, così come non indica quali sono i doveri che i cittadini devono assolvere; infine, non indica il tipo di sensibilità verso le esigenze comunitarie.
La Costituzione Repubblicana, all’articolo 49, prescrive che “Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”.
Quindi, lo strumento associativo costituzionale e democratico per la determinazione della politica nazionale è soltanto il partito e non il civismo, che altro non è che un contenitore ingannevole per l’elettore, perchè privo di identità, di storia, di valori e di ideali che devono guidare i cittadini, al momento del voto.
Il civismo ha, di fatto, determinato la crisi dell’argomentazione politica, ma anche della visione sociale e politica, in quanto chi ne fa parte è più proiettato ad essere un buon raccoglitore di voti per entrare a far parte delle istituzioni, per se stesso e non per tutelare e rappresentare gli interessi della comunità, della Nazione. In altri termini, il “civico” rappresenta se stesso.
Ecco che, proprio quella sensibilità comunitaria a cui il civismo vorrebbe ambire, seppur priva di copertura costituzionale, stando agli intendimenti dei nostri padri costituenti, cede inesorabilmente il posto all’interesse personale ed egoistico del singolo candidato, del singolo soggetto politico, come persona fisica.
A differenza dei partiti, unico contesto associativo in cui si alimenta il piacere della contesa su temi socio-politico-economici, interni ed esterni, il civismo risponde ad un’unica esigenza, quella di non discutere e di mascherare chi è privo di valori, ideali e identità politica.
Dunque, trattasi di un fenomeno non democratico, in quanto comandato da un singolo soggetto o da un ristretto numero di soggetti.
Infatti, proprio la nostra Costituzione riconosce soltanto i partiti quali strumenti democratici per concorrere alla determinazione della politica nazionale.
Siccome la politica è cultura, il luogo naturale per praticarla è il partito, che ha una sua struttura statutaria ben definita.
Il civismo, invece, non ha alcuna struttura ma si identifica con uno o pochi soggetti, i quali hanno un solo obiettivo: quello di essere eletti e non di riscattare e risollevare la comunità in cui vivono.
Il civismo, altro non è, che un congegno ingannevole per l’elettore, a totale beneficio del soggetto candidato, il quale, una volta eletto, si ritrova non a discutere con la comunità che vorrebbe rappresentare, ma solo col potere istituzionale, scollegandosi dalla realtà in cui vive. In termini diversi, il “civico” non dà conto a nessuno.
L’autorevolezza della politica, la qualità dei suoi attori e delle sue attrici, potranno recuperarsi soltanto attraverso i partiti, proprio perché riconosciuti dalla Costituzione, aventi una identità ben precisa, fatta di valori, principi e ideali, che bisogna avere il coraggio di difendere e di propagandare.
In conclusione, ognuno torni a fare politica nei partiti, ne beneficerebbe la qualità dell’offerta politica ed anche la vita di un Stato democratico.